Rebel, rebel, un giovane artista aquilano. Emanuela Medoro
Il Saint Louis College of Music, scuola di musica situata in un popoloso quartiere nel cuore della Roma vecchia intorno a Piazza Venezia, ospita la prima mostra personale di un giovane artista aquilano, Vincenzo Bonanni, dal 6 aprile al 10 maggio 2008. Indovinato il luogo prescelto per la mostra, una scuola di musica jazz, aperta alla città ed al mondo che vive nelle sue stradine. L’esposizione comprende 23 opere, realizzate con tecnica mista su compensato. Un estratto da “Ciò in cui credo” (What I believe) di James G. Ballard, apre il catalogo della mostra, molto più che un semplice catalogo, un vero libro di arte, bellissimo, pensato, curato e stampato all’Aquila. L’ introduzione all’opera è di Antonio Gasbarrini, che colloca l’opera di Vincenzo Bonanni nel contesto della più recente ed attuale produzione figurativa, e chiarisce i suoi legami con le altre arti. Il catalogo è arricchito, inoltre, da un’intervista con l’artista di Paola Ardizzola, in cui si evidenziano i rapporti dell’opera con la musica jazz ed il cinema, e si spiega il metodo di lavoro dell’autore (testi in italiano ed in inglese, Edizioni Libreria Colacchi).
Sia nell’introduzione che nell’intervista emerge chiaro il fatto che le opere sono frutto di lunga e paziente ricerca di un linguaggio espressivo personale, ove nulla è lasciato al caso, ed ogni più piccolo dettaglio della composizione è il risultato di accurata progettazione e studio appassionato. Una creatività, fatta di assoluta padronanza delle tecniche, solida cultura, fantasia ed immaginazione per la rielaborazione dei temi ed organizzazione dei testi , più un rigoroso metodo di lavoro, sono dunque le fonti della realizzazione delle 23 opere in esposizione.
Le opere di Vincenzo Bonanni evidenziano precisi riferimenti culturali nel campo della musica jazz e blues, poesia e cinema. Esse conducono l’osservatore attraverso un viaggio nell’ambito della ribellione letteraria, musicale e cinematografica, da Rimbaud a Bukowski, da Kerouac a Burroughs, fino al cinema di Godard e della Nouvelle Vague francese. Rappresentano a tutto tondo l’esperienza culturale dell’essere ribelle, dalla sottocultura della beat generation di S. Francisco con il mito americano “on the road” di J. Kerouac, alla controcultura dei decenni successivi. Nell’ambito di queste linee generali mi piace ricordare due opere, prima, quella dedicata a Fernanda Pivano,studiosa e traduttrice in italiano di opere fondamentali di autori americani , madre e maestra di migliaia di studenti e studentesse che hanno affollato in Italia le facoltà di Inglese negli anni ‘60 e successivi, ritratta con il volto maturo per l’età e le braccia incrociate sul petto, indimenticabile fra “Cose che dimentico”; poi, quella dedicata a Jimmy Dean, mito presente nell’immaginario del mondo occidentale degli anni cinquanta- sessanta, e non solo, evidentemente ancora oggi, vista la cura di V. Bonanni nel comporre la serie dei suoi ritratti, il volto imbronciato di J.Dean è ritratto seminascosto fra luci, ombre e macchie di colore, e tutta la composizione è accompagnata da una citazione delle “Elegie Duinesi” di R. M. Rilke.
Auguriamo veramente di cuore a Vincenzo Bonanni di poter esprimere a lungo e sempre meglio la sua fantasia e la sua cultura in opere figurative che saranno la gioia di quanti avranno la fortuna di poterle avvicinare.
Vincenzo Bonanni è nato a l’Aquila l’11 Agosto 1978. Dopo gli studi classici ha frequentato la facoltà di Sociologia- corso di laurea in Comunicazione e Mass Media presso l’Università “La Sapienza “ di Roma, dove ha conseguito la laurea con una tesi dal titolo “Beat girls: da femme fatale a femminilità parossistica”. Oggi vive e lavora fra l’Aquila e Roma.
L’Aquila, 7 aprile 2008